L’idea di fondo dell’interessante saggio di Luizard, “La questione irachena”, pubblicato nella collana Serie Bianca / Feltrinelli, è capovolgere un luogo comune ormai consolidato quando si parla di Iraq, che tende a condurre ogni considerazione e ragionamento sulla figura del dittatore Saddam Hussein. Secondo l’Autore, invece, per comprendere il passato e il presente occorre riportare l’attenzione all’antica Mesopotamia, sconvolta da tragedie a ripetizione, vera vittima della storia e poi caduta nell’oblio.
Il testo ha dunque il grande pregio di offrire chiavi di lettura storiche e politiche per comprendere l’origine dei conflitti attuali.
Pierre-Jean Luizard, ricercatore al Cnrs di Parigi, specialista di storia contemporanea dell’Islam nei paesi del Medio Oriente, si serve dello strumento della ricerca storica per aggiungere un altro punto di vista e dimostrare che Saddam Hussein “non è il demonio e nemmeno un extraterrestre, ma il prodotto di una società e di una storia”.
Si sofferma in particolare su una data, il 1920, quando la Società delle Nazioni usando la formula della “missione di civilizzazione” legittimava di fatto gli appetiti coloniali delle società occidentali attribuendo, per quanto interessa la situazione irachena, il mandato alla Gran Bretagna.
Fu proprio allora che l’Impero Ottomano venne suddiviso secondo i moderni criteri europei: tre province, Baghdad al centro, Mosul al nord, Bassora al sud e una forma di Stato che prevedeva un monarca ed un parlamento.
Tutto ciò sarebbe stato lodevole, è l’opinione di Luizard, se fosse stato costruito rispettando la volontà del popolo iracheno. Ma non fu così.
Non si tenne per esempio conto dell’importante suddivisione tra sciiti e sunniti. Gli inglesi puntarono sul nazionalismo arabo quando era poco diffuso e si basava sulle grandi famiglie sunnite, élite del Impero Ottomano, le quali avevano accolto gli inglesi come nuovi protettori. Ben diversa era la posizione degli sciiti che rifiutarono ogni legame con la potenza mandataria.
Queste scelte condussero ad una discriminazione basata sulla confessione religiosa che determinò situazioni singolari, tuttavia non prive di conseguenze: un arabo non iracheno, per il fatto di essere sunnita, aveva vantaggi e diritti molto più estesi rispetto ad un iracheno da più generazioni, ma sciita. Tale contesto discriminatorio è, com’è ampiamente noto, a tutt’oggi fonte di scontro.
Altra situazione destabilizzante riconducibile alle scelte adottate in quel periodo storico, sotto l’influenza della Gran Bretagna, è quella curda.
Dal 10 agosto 1920 - Trattato di Sèvres - i curdi aspettavano che fosse riconosciuto un proprio stato indipendente. Ciò non avvenne. Al contrario, la vittoria di Mustafa Kemal in Turchia e la decisione del 1925 della Gran Bretagna di assegnare all’Iraq la provincia di Mosul, fecero sì che la popolazione curda fu completamente smembrata e non ebbe mai più uno Stato che la rappresentasse. Ciò ha comportato un forte risentimento con il popolo arabo, che risulta tuttora profondo.
Il testo dedica anche uno spazio di riflessione agli sviluppi interni che hanno interessato la società irachena: la nascita del partito Baas, l’ascesa di Saddam Hussein fino alla presa del potere ed alla trasformazione del regime in una dittatura da parte del Rais e del suo clan.
L’analisi storica e politico-sociale portata avanti da Luizard si sintetizza insomma in una domanda retorica cui il lettore potrà nelle pieghe del libro trovare alcune risposte. Come è potuto accadere che una terra come l’antica Mesopotamia, che aveva tutti i requisiti per aspirare a diventare leader del mondo arabo, seconda riserva mondiale di petrolio, acqua in abbondanza, storia millenaria, classe borghese formata, esercito ben equipaggiato, possa aver subito tanti e tali dissesti da veder completamente sfumare tutto ciò e assistere ad una regressione della propria società a livelli prima inimmaginabili?
Può essere una sola persona, Saddam Hussein, l’unico responsabile di tutto ciò?
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